E-stato-il-figlio-dal-film

Recensione: “E’ stato il figlio”

Recensione: “E’ stato il figlio”

Voto: 8
E-stato-il-figlio-dal-filmE’ un cinema di immagini, una galleria di ritratti umani talmente caratterizzati da sembrare delle caricature; gente del sud, in questo caso siciliani, che sembrano testimoniare, con le loro accentuate sembianze, lo stato di degrado e di povertà morale e materiale delle periferie meridionali. Daniele Ciprì era già piuttosto noto al pubblico per l’esperienza di “Blob cinico tv”, programma di Rai Tre, in cui rappresentava squarci desolanti del Sud Italia, riempiti dalla presenza di grassoni meridionali seduti a bivaccare, in attesa di qualcosa che non arriverà mai, che sembravano non riuscire a guardare oltre il proprio naso. Tale programma, tuttavia, pur colpendo allo stomaco lo spettatore, sembrava rimanere quasi esclusivamente una provocazione estetica, senza riuscire a sfondare come provocazione “etica”. Non è il caso, invece, di “E’ stato il figlio”, il film di Ciprì presentato, con successo, al Festival di Venezia. La pellicola, infatti, accanto ai ritratti fisici fortemente caratterizzati, sui quali indugia la cinepresa, rappresenta una storia intensa e lacerante, dai forti valori simbolici, che la rendono un’importante testimonianza dell’enorme disagio sociale vissuto al sud. E’ la storia della famiglia Ciraulo, formata dal papà Nicola Ciraulo, operaio (interpretato da Toni Servillo, il De Niro italiano, che in questo film viene fuori alla distanza, nella seconda parte, quando i toni diventano drammatici), la moglie Loredana, i figli Tancredi e Serenella, e i nonni, Fonzio e Rosa: la famiglia abita nel rione più povero e degradato di Palermo, lo Zen, ed è in continue ristrettezze economiche; l’unico a badare al suo sostentamento è il pittoresco Nicola, mentre il figlio ventenne Tancredi non ha voglia di lavorare. Ma qualcosa di drammatico sta per accadere: in un agguato mafioso, in cui volevano uccidere il nipote dei Ciraulo, Masino, affiliato ai clan, viene colpita e assassinata per sbaglio la piccola Serenella Ciraulo. La famiglia è affranta dal dolore, ma si apre uno spiraglio inaspettato: la possibilità di ricevere, dallo Stato Italiano, un congruo risarcimento per la perdita della figlia, quale vittima della Mafia. Il risarcimento ufficializzato è di ben 200 milioni, che riscaldano l’animo costernato dei Ciraulo; ma la cifra tarda ad arrivare e la famiglia è costretta a ricorrere a uno strozzino per continuare a vivere. Quando finalmente la cifra arriva, Nicola convince la famiglia a utilizzare il denaro per…comprare una Mercedes! Non andiamo oltre con la trama.. La storia è tratta da un romanzo di Roberto Alajmo. Un film ambientato a fine anni ’70, che mostra l’assenza dello Stato in quartieri come lo Zen, in cui manca anche l’acqua e non c’è assolutamente nulla, se non le case, che versano in grave abbandono, ancora l’assenza dello Stato verso le famiglie povere, che genera l’interessarsi di alcune al fenomeno mafioso, ma contemporaneamente la presenza ingombrante dello Stato, che versa 200 milioni di vecchie lire (seppure in ritardo) alla famiglia vittima della Mafia, generando l’imbarazzo dei Ciraulo, che non sanno cosa fare di quei soldi (non essendone abituati), e finiscono col cedere allo status symbol della Mercedes, con la quale, come dice Nicola nel film, “almeno possiamo far vedere a tutti che siamo ricchi”. Sarà proprio la Mercedes la causa del dramma finale, di cui non diciamo nulla. Fino a quel momento, i personaggi sono per lo più caricaturali, ma da allora in poi dimostrano di avere un’anima profonda e attaccatissima alla vita. Soprattutto dimostrano, dietro l’apparente ingenuità, di cercare le soluzioni più astute per continuare a sbarcare il lunario; personaggi come la Nonna Rosa, ad esempio, svela, dietro l’apparente calma e sedentarietà, come il suo stile di vita sia fondato su solide basi utilitaristiche. Un applauso va fatto al personaggio di Tancredi, interpretato dal giovane e bravissimo Fabrizio Falco (premiato a Venezia col premio Mastroianni come attore emergente), che nella sua inerzia lavorativa è in realtà il ribelle della famiglia, e per questo emarginato dagli interessi della stessa (il titolo del film è riferito a lui, non a caso).

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *