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Ma i tempi burocratici, poi, fecero slittare l’inaugurazione del nuovo ospedale di San Leonardo addirittura al 1980. All’indomani della tragedia, Salerno si trovò ad affrontare un incubo ancora maggiore: quasi diecimila sfollati! Le case di Canalone, del centro storico e di Calata San Vito erano completamente distrutte. Fu a questo punto che l’Italia mostrò tutto il suo buon cuore, donando molti milioni in beneficenza, in vari modi, ma soprattutto attraverso la ‘Catena della fraternità’, organizzata da Vittorio Veltroni, speaker televisivo: nei primi giorni giunsero a Salerno materassi, coperte e viveri necessari per gli sfollati. Ma, in seguito, arrivarono molti fondi, e anche il governo, presieduto dall’onorevole Scelba, elargì numerosi contributi per la ricostruzione della città. Fu in quel momento che cominciò la costruzione della nuova Salerno, quella a est della stazione ferroviaria. Gli sfollati furono sistemati dapprima in case popolari nella zona di Santa Margherita e Pastena (case ancora oggi abitate); in seguito, attraverso l’operato del sindaco Menna, si decise di costruire interi nuovi quartieri in queste zone. Oggi, la zona orientale di Salerno è la più densamente abitata della città. Tra tanti lutti e drammi vissuti in città, ricordiamo un episodio molto bello: il piccolo Mario Caputo, di quindici mesi, fu ritrovato vivo e in buone condizioni di salute ben tre giorni dopo l’alluvione: era all’interno della sua culla, che galleggiava in una pozza d’acqua. Il ritrovamento destò grande gioia nella folla che vi assistette. L’alluvione del ’54 è dunque un importante episodio di storia cittadina. Io stesso ne ero completamente all’oscuro, fin quando, verso la fine del 2002, mi fu commissionata la tesi di laurea proprio su questo argomento. E devo dire che scoprii qualcosa di drammatico, ma contemporaneamente di profondamente radicato nella coscienza collettiva dei salernitani un po’ più maturi. Voglio dire che i salernitani che la vissero, rammentano la violenza inaudita, la perdita dei propri cari o degli amici, le scene terrificanti che videro, come i morti sistemati in fila nel duomo in attesa di riconoscimento, o la fila nell’ospedale, oppure le personalità che vennero in visita a Salerno, come il presidente della repubblica Luigi Einaudi e il Patriarca di Venezia Angelo Roncalli (che quattro anni dopo divenne Papa Giovanni XXIII), o l’ambasciatrice americana in Italia Clara Boothe Luce. Ma i salernitani ricordano anche come quell’episodio fu l’inizio di una nuova era per la città di Salerno. Essi, con il lodevole aiuto di tutta l’Italia, dovettero rialzarsi, e forse, per la prima volta, trovarono un sentimento comune di appartenenza alla loro città, rimboccandosi le maniche per le loro famiglie, ma anche per Salerno. E dire che provenivano da un altro periodo terribile, la seconda guerra mondiale, che in città aveva provocato ingentissimi danni. Poi, forse, quella ricostruzione col passare degli anni si trasformò in speculazione edilizia, ma questa è un’altra storia. I salernitani trovarono una forza e un’identità collettiva, in quella circostanza, che oggi andrebbe riscoperta. Last but not least, l’alluvione ci ricorda che la nostra regione, e Salerno in particolare, è una zona a forte rischio idrogeologico. Ancora oggi i fiumi Fusandola e Rafastia, pur irrigimentati, scorrono al di sotto della strada; ancora oggi le rocce pendono alle spalle della città. Il Comune ha fatto numerosi interventi di riassetto di queste zone, ma è necessario che l’attenzione dell’opinione pubblica su questi problemi sia sempre viva.