Il mondo va sempre più veloce, grazie ai mezzi di trasporto e di comunicazione; le persone spendono sempre meno tempo parlandosi e ascoltandosi, in famiglia come tra gli amici. Dunque, bisogna correre dietro a ritmi e attività sempre più frenetiche, senza un sufficiente conforto affettivo. E’ questa una delle cause di un fenomeno che nell’età contemporanea è diventato devastante: stiamo parlando dello stress. Giovedì sera, presso il bello e antico convento dello Spirito Santo di Pellezzano, di recente ristrutturato e reso fruibile per attività culturali di vario genere, si è svolto un interessante convegno sullo stress ‘lavorativo’, organizzato dalla rivista ‘InForma’, cui hanno preso parte il professor Ferdinando Pellegrino e il dottor Gianfranco Del Buono, esperti della materia. Come è emerso nel convegno, lo stress è una reazione dell’organismo a particolari sollecitazioni (dette ‘stressor’) o situazioni, ritenute problematiche: tale reazione può avere tre fasi di crescente gravità, la prima è l’adattamento, la seconda la difesa, la terza la vera e propria malattia. Gli stressor possono essere di quattro tipi: psichici, ambientali, sociali, socio- relazionali. In una speciale classifica, gli eventi più stressanti sono ritenuti: la morte di un coniuge o partner, la separazione da un coniuge o partner, la perdita di un lavoro. Ma anche eventi positivi, come un matrimonio, l’inizio di una nuova attività lavorativa, o addirittura le festività natalizie, possono essere fonti di stress. Per quanto riguarda lo stress lavorativo, è chiaro che troppe ore trascorse in ufficio possono essere tollerate solo se si mantiene un particolare equilibrio, coinvolgente anche tutte gli altri aspetti della propria vita. Alcuni lavori, come ad esempio infermiere, medico, vigile del fuoco, poliziotto, possono essere particolarmente stressanti, in quanto le decisioni e le azioni di tali figure professionali possono provocare la vita o la morte delle persone da essi assistite. Dunque, è importante che, soprattutto in alcuni lavori, ci si prenda cura dell’operatore, con determinate tecniche antistress. Lo stress lavorativo è oggi diffusissimo, pare che ne soffra un europeo su tre. Basta citare il tragico esempio dei lavoratori della France Telecom, ben 25, che negli ultimi mesi si sono suicidati in seguito alla politica di licenziamenti. In questo caso, a provocare questa strage non sono stati da soli i licenziamenti, ma la preesistente strategia aziendale interna della società, che premiava particolarmente chi si distingueva positivamente, ma puniva severamente chi rendeva poco.
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Gli esseri umani, in realtà, sono stati progettati per affrontare con successo difficoltà e stress. In linea teorica possiamo sopportare quantità enormi di stress, ma dobbiamo mantenere un equilibrio interiore su tutti gli aspetti della nostra vita. Un po’ di stress sul lavoro può anche migliorare le nostre prestazioni, ma c’è un limite invalicabile, superato il quale si sta male. In che modo si può gestire meglio lo stress? Essenzialmente, lo stress è sopportato meglio se si sa cosa si vuole dalla vita; infatti i più stressati sono quelli che hanno le idee poco chiare su cosa fare nella propria vita, che adottano modalità comportamentali inadeguate e hanno relazioni interpersonali insoddisfacenti. Per fronteggiare lo stress, bisogna imparare a fermarsi ogni tanto, bisogna impadronirsi del tempo e non diventarne schiavi. Altra possibilità, avere variegati interessi, non pensare sempre le stesse cose come chiodi fissi, frequentare persone molto creative, che non facciano sempre gli stessi discorsi. Le persone, poi, reagiscono agli stressor diversamente le une dalle altre. Davanti a uno stesso evento stressante, ad esempio, alcune riescono a sopportarlo, altre prendono a mangiare di più, altre a mangiare di meno. La depressione, inoltre, è molto spesso connessa allo stress e a fattori stressanti. Nei giovani lo stress, a volte, è provocato dall’ansia per lo studio, dagli esami. Per i giovani, un esempio interessante del rapporto tra stress e depressione viene dal Giappone. Nel paese del sol levante è sempre più diffuso, purtroppo, il fenomeno degli Hikikomori, che pare colpisca addirittura il 20% dei ragazzi nipponici. Questi giovani, probabilmente in seguito a delusioni sofferte a scuola o con gli amici, chiudono completamente il rapporto con la realtà, rimanendo nella loro camera chiusi a chiave per tutta la giornata, soltanto guardando la tv o ascoltando la musica. Addirittura a ora di pranzo i genitori portano loro il cibo su vassoio, essi mangiano e poi lasciano il vassoio vuoto davanti alla porta, che richiudono a chiave. E’ chiaro che, una realtà simile è generata non solo da una delusione, ma anche da una incredibile freddezza preesistente nel rapporto tra genitori e figli, che non rende minimamente possibile l’elaborazione della sofferenza all’interno della famiglia. Tuttavia, gli hikikomori a volte continuano nel loro atteggiamento anche per diversi anni! A loro, è stato dedicato un film, intitolato “La torre blu”, diretto da un regista che era stato un hikikomori per sei o sette anni. In definitiva, davanti a una società sempre più incalzante e uniformante, bisogna dare respiro alla propria persona, mantenendo il più possibile buoni rapporti con il prossimo, sviluppando i propri valori e la propria personalità.