“Esistono ‘giornalisti giornalisti’, e ‘giornalisti impiegati’. In questo paese, non c’è posto per i giornalisti giornalisti!” E’ una delle battute, a mio avviso, più interessanti del film “Fortapasc”, a cui , in occasione della Festa della Repubblica, una delegazione della Rete dei Giovani per Salerno, tra cui il sottoscritto, ha assistito presso il Cinema Fatima di Salerno. Il film, ambientato nel 1985, narra degli ultimi quattro mesi di vita di Giancarlo Siani, giovane 26 enne, corrispondente de “Il Mattino” dalla sede di Torre Annunziata, città che rappresenta la “Fortapasc” del titolo, essendo territorio di conquista della Camorra e scenario di continui bagni di sangue. Siani sarà poi ucciso dalla Camorra con dieci colpi di pistola, dopo aver pubblicato numerosi articoli di denuncia contro la malavita organizzata e aver effettuato indagini per gettare luce sui rapporti tra Camorra e istituzioni politiche. Fortapasc mi è piaciuto molto per tanti motivi. Uno dei principali, è che parla di un giornalista, ed io sono un giornalista. Come dice lo stesso Siani nel film, il compito del giornalista è informare sulla verità, sui fatti che possono essere rilevanti nella vita dei cittadini.
Non è facile, oggi, essere un giornalista in Italia.
La corruzione dilaga, tra i politici nazionali e locali, fomentata dai mafiosi, dai camorristi, da imprenditori ladri e senza scrupoli. In tutto questo, chi dovrebbe levare la propria voce, a difesa dei cittadini e della democrazia, sono proprio i giornalisti. Ma costoro, troppo spesso si asserviscono a tali poteri forti, e decidono di essere ‘giornalisti impiegati’, come dice la battuta del film. Proprio ora che servirebbero le loro penne, le loro idee, essi abdicano al loro compito. Tuttavia, ci sono casi in cui i giornalisti compiono fino alla fine il proprio dovere di diffusori della verità, a scapito della propria stessa vita. Sono giornalisti che sentono questa professione come una missione, per migliorare le condizioni di vita di chi sta male, smascherare le ingiustizie piccole e grandi che danneggiano sempre i più deboli, per infondere nella società i valori della giustizia, del rispetto per il prossimo, dell’onestà, valori che rendono la vita degna di essere vissuta. Uno di questi era Giancarlo Siani, che pagò con la vita il suo impegno al servizio della verità. Un altro è Roberto Saviano, che con il suo ‘Gomorra’ ha avuto il coraggio di smascherare i colossali affari che la Camorra, quotidianamente, opera sotto il nostro naso e sotto il naso di politici compiacenti, attraverso omicidi, rapine e stragi. Grazie alle inchieste di Saviano, sono stati arrestati decine di capi e affiliati ai clan camorristici di Casal di Principe.
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Oggi Saviano vive sotto scorta: ha pagato con la libertà il suo coraggio, ma i camorristi, probabilmente, lo considerano molto più pericoloso di qualunque magistrato. Noi, cari giovani lettori del blog, siamo a Salerno. Nella nostra città, per fortuna, non assistiamo a sparatorie e omicidi. Anche il numero delle rapine e degli scippi non è alto. Potremmo, in teoria, considerarci dei fortunati, in una regione come la Campania. E allora, in che modo un giornalista salernitano può essere ritenuto un ‘giornalista giornalista’? Partiamo dal presupposto che è già difficile diventare un giornalista, nella nostra città. Le redazioni salernitane, quando sei un giovane inesperto, tendono a sfruttarti, non pagandoti, o pagandoti una miseria. La carriera giornalistica funziona in questo modo: si accede all’Ordine dei giornalisti, dopo almeno due anni di apprendistato, diventando o giornalisti pubblicisti, o giornalisti professionisti. Nel primo caso, è necessario dimostrare di aver collaborato, in maniera continuativa e retribuita (anche se poco), per almeno due anni con una testata. Nel secondo caso, è necessario essere proprio assunti, con contratto detto di ‘praticantato’, da una testata per 18 mesi, dopo i quali si svolge un esame scritto e orale. In entrambi i casi, viene rilasciato un tesserino, che certifica l’appartenenza all’Ordine dei giornalisti. Ora, a Salerno il settore giornalistico è completamente fermo: è quasi impossibile essere assunti con contratto di praticantato. Chi comincia a scrivere, lo fa gratuitamente, oppure viene pagato ad articolo (di solito 3 euro), con un limite massimo di articoli da scrivere ogni mese. Dopo due anni, come detto, si può diventare pubblicisti. Ma poi, più o meno, le redazioni salernitane sono già al completo e a quel punto, o sei straordinariamente bravo, da togliere il posto (che assurdità!) a qualche altro, o sei costretto ad emigrare. Anche Giancarlo Siani, come è narrato nel film, si scontrò con queste difficoltà: solo dopo quattro anni di lavoro sottopagato, fu chiamato a lavorare nella redazione centrale de “Il Mattino”, dove, prima della sua morte, avevano promesso di fargli il contratto di praticantato. Tornando al discorso, cosa dovrebbe fare un giovane ‘giornalista giornalista’ a Salerno? Faccio degli esempi: indagare sulle tonnellate di droga che, ogni mese, giungono a Salerno, sequestrate dalla Guardia di Finanza. Da chi è gestito questo traffico? Chi smercia la droga a Salerno? Come fanno, tanti figli di famiglie salernitane, a procurarsi la cocaina, che ormai è sniffata dal 3 % della popolazione salernitana (inclusi medici, che ogni giorno effettuano operazioni chirurgiche, e giovani under 16)? Perché a Salerno, come nel Mezzogiorno d’Italia, non si riesce a operare una vera politica del lavoro, con la creazione di nuove imprese e l’assunzione di nuovi lavoratori? Quali sono i veri ostacoli: c’è la Camorra che fa paura e pone dei veti a chi vuole investire, o no? Che fine fanno tutti i fondi europei e regionali per l’imprenditoria giovanile, rivolti anche alla Campania? Perché a Salerno l’inestimabile patrimonio archeologico (ad ogni scavo, anche di semplice manutenzione stradale, vengono fuori nuovi tesori) non è valorizzato come dovrebbe, ed utilizzato come volano per il turismo? Un ‘giornalista giornalista’ si dovrebbe occupare di argomenti come questi. Vi dico anche di cosa non si dovrebbe occupare: inutili beghe politiche intra ed extra partitiche, panegirici per l’una o l’altra sponda politica, articoli commissionati da caporedattori o direttori al solo scopo di dare visibilità a qualcuno o vendere il giornale, avvenimenti privati descritti come scandali a luci rosse e piazzati in prima pagina, a scapito di notizie ben più importanti (del tipo ‘insospettabile aveva l’amante ed era la moglie dell’amante della moglie’), generalizzazione e semplificazioni della realtà a favore di una maggiore ‘bellezza’ formale della notizia, commistione tra giornalismo e pubblicità, mi fermo qui ma si potrebbe continuare. Chiudo con una frase antica: verba volant, sed scripta manent (le parole volano, ma gli scritti rimangono). Chi scrive, di per sé compie già un gesto; la sua non è soltanto una parola, ma un atto che può influenzare positivamente (o negativamente) la realtà in cui vive.